Quando si decide di lanciare un marchio o un’impresa/azienda c’è qualcosa di importantissimo a cui si dovrebbe pensare: come sarebbe se fosse una persona? Quella che sembra una domanda quasi infantile è, infatti, in realtà un quesito fondamentale per centrare uno degli strumenti strategici più importanti della brand communication: il tono di voce. Di tone of voice, siamo sicuri, ne avrete sentito parlare in lungo e in largo. Ma cos’è davvero? Come lo si sceglie, come lo si usa e come lo si definisce?
Partendo dal presupposto che cercheremo di fare chiarezza, è doveroso dire che non esiste una risposta univoca a queste domande. Ogni brand/impresa/azienda è un mondo a sé, che richiede uno studio specifico e delle strategie di comunicazione transmediali calibrate. Cerchiamo, a ogni modo, di scoprire un po’ di più su questo strumento così essenziale e sul perché al giorno d’oggi è facile parlare di tono di voce ma è difficile saperlo usare come si deve.
Che cos’è il tono di voce?
Come sempre, cerchiamo di iniziare con una definizione da manuale: per tono di voce si intende la scelta di stile e linguaggio che le aziende/imprese/brand usano per comunicare con il loro pubblico. Include la selezione di specifiche parole, lo stile di scrittura e l’impronta emozionale. Partendo da quanto detto, non è difficile dunque capire che il tono di voce è ciò che rende il marchio più di un semplice logo legato a prodotti e servizi: lo fa diventare tangibile, palpabile, una “persona” con cui comunicare in maniera reale.
Il tono di voce è ciò che dà carattere e spessore a un brand e agisce su più fronti. In primis, rappresenta e definisce valori, mission, credenze e filosofia di mercato. Poi, esalta le caratteristiche distintive del brand e rende chiaro e inconfondibile il modo in cui questo si approccia ai suoi utenti. Infine, se utilizzato bene, assicura che l’intera comunicazione, dalla più piccola didascalia sui social fino al più roboante degli annunci pubblicitari, siano coerenti e standardizzati. Ma da cosa si parte per definire il tono di voce? Da due cose essenziale: l’archetipo della brand identity e la brand voice.
I dodici archetipi della brand identity
Partiamo dall’archetipo della brand identity. Esattamente come gli esseri umani, i brand che usano delle buone strategie di comunicazione hanno una loro precisa psicologia. Esistono in sostanza dodici personalità dei brand basate sul concetto psico-analitico di archetipo, ovvero sul concetto di personalità “standard” che fa leva su emozioni semplici, riconoscibili e chiare. Si tratta di:
- Archetipo Amante: il brand fa leva sull’amore, sulla sensualità, sull’ammaliamento. Il suo obiettivo è essere affascinante e sexy, facendo innamorare e mostrandosi voluttoso. Degli esempi pratici sono Victoria’s Secret, Dior e Muller, che incentrano le loro campagne di comunicazione e la loro voce sui sussurri e sulla lussuria.
- Archetipo Angelo Custode, o in inglese Caregiver: i brand con questa personalità sono un porto sicuro. Fanno leva sulla cura, sull’empatia, sull’affidabilità, sull’equilibrio e sull’ascolto. Esempi lampanti di brand-Angelo Custode sono Medici senza Frontiere, Pamper’s e Johnson & Johnson, che si prendono cura delle persone e/o di determinate categorie di deboli.
- Archetipo Burlone o Giullare: i brand burloni/giullari puntano tutto sull’irriverenza, sulla freschezza e sul bisogno di ridere e divertirsi. La spensieratezza e la spinta a vivere in modo più leggero e infantile sono degli attivatori potentissimi. Esempi pratici sono Pringles, Pepsi e Budwaiser.
- Archetipo Creatore: i brand creatori rompono gli schemi e puntano tutto sull’innovazione e sull’avere a disposizione tutte le possibilità sfruttabili. Chiamati anche builders, ovvero costruttori, fa leva sull’avere delle ampie visioni e sul seguire le proprie regole. Alcuni esempi sono Lego, Adobe e MAC Cosmetic.
- Archetipo Eroe: chiaramente, i brand eroi sono coloro che si propongono come salvatori, come trionfatori sulle avversità. I brand eroi fanno leva su coraggio, forza, indipendenza e, soprattutto, sull’altruismo. Nike, BMW, EA-Sport sono degli esempi pratici.
- Archetipo Esploratore: i brand esploratori sono come gli eroi ma… ambiziosi, istintivi e concentrati sul successo personale. Gli attivatori emozionali di questo archetipo sono legati al desiderio di libertà, di superare i propri limiti, di uscire dalla propria comfort zone. Non a caso, gli esempi più lampanti sono legati ai viaggi: AirBnb,
- Archetipo Innocente: è l’archetipo più semplice e allo stesso tempo quello più complicato, perché punta tutto su naturalezza, spontaneità e bontà. Fa sentire al sicuro, circondati da bellezza, stima e apprezzamento. Gli esempi sono Dove, Mulino Bianco e Chicco, che celebrano tanto la semplicità quanto l’unicità di chiunque.
- Archetipo Mago: i brand-mago sono visionari, spinti al cambiamento e alla trasformazione. Fanno leva sul desiderio di semplificare la vita o di renderla migliore per mezzo dell’immaginazione. Sognatori, carismatici e intelligenti, contano tra i loro esempi più riusciti Apple, Disney e Tesla.
- Archetipo Ribelle: questo archetipo è estremamente suggestivo perché fa leva sui desideri nascosti. Trasgressione, infrazione delle regole, voglia di essere temuti e amati allo stesso tempo sono alla base di questa brand personality. Esempi? Harley Davidson, Diesel e Bitcoin, che comunicano in maniera sia ammiccante che aggressiva.
- Archetipo Saggio: l’archetipo più serioso e affidabile. I brand-saggio fanno leva sulla ricerca della verità e della conoscenza, sulla voglia di comprendere gli eventi, sull’intelligenza e sull’automiglioramento. Gli esempi più esplicativi sono Google, la BBC e IlSole24Ore.
- Archetipo Sovrano: autoritari, quasi presuntuosi, orgogliosi. I brand sovrano puntano a essere dei leader che urlano al mondo quanto sono migliori degli altri, solo perché sanno di poterlo fare. Fanno chiaramente leva sul desiderio di esercitare il controllo, di affermarsi e di fare le regole. Tra i brand esempio di questo archetipo troviamo Rolex, Microsoft e Rolls Royce.
- Archetipo Uomo Comune: infine, i brand-uomo comune sono la celebrazione più alta della normalità. Gentili con tutti, con basse ambizioni, inneggiano al trovare la tranquillità e a fare il nido rintracciando la serenità nelle cose più semplici e nelle convenzioni. Tra questi brand sono d’esempio Barilla, Ikea e Facebook.
Spiegare come ogni archetipo aiuta gli utenti a compiere determinati passi e/o a fare determinate scelte e comprendere nel dettaglio come funzionano nella costruzione di un brand è un argomento molto ampio. In questo contesto basta dunque sapere che capire qual è il proprio archetipo è essenziale per stabilire, in seguito, il tono di voce. Per intenderci, un brand-sovrano non parlerà mai come un brand-uomo comune e un brand burlone non potrebbe mai il tone of voice del brand saggio: il rischio, infatti, non è solo quello di perdere continuità nella comunicazione.
No, il rischio più grande è quello di spiazzare la propria utenza, il proprio target, il proprio pubblico. Il che, chiaramente, si riflette nella mancanza di strategie di comunicazioni coerenti e, conseguentemente, nella perdita di tempo e denaro. Meglio non correre il rischio e capire, sin da subito, chi si è!
Brand voice e tone of voice: perché non sono la stessa cosa?
Compreso l’archetipo del proprio brand, occorrerà stabilire la brand voice. La brand voice è il modo unico in cui il nostro marchio si presenta al mondo e parla di sé. È il modo in cui il brand reagisce alle cose, in cui affronta gli eventi e come si approccia ai diversi periodi della vita. Qual è la differenza con il tono di voce? Che la brand voice, appunto, è il modo che il brand usa per definirsi, mentre il tono di voce è quello che utilizza per comunicare con il pubblico.
Mentre la brand voice è un ritratto della propria mission e dei propri valori, il tono di voce è il modo in cui l’impresa/brand/azienda si approccia o sussurra alle persone che la seguono cercando una risposta emotiva ed empatica. Chiaramente, le due voci devono essere compatibili e coerenti, ma mentre la prima è più distaccata e descrittiva, l’altra è più intima e mirata al contatto personale.
I tipi di toni di voce
Stabilita la personalità del brand e identificata la sua voce, è tutto pronto: bisogna scegliere un tono di voce che parli al nostro pubblico e che sia in grado di accattivare le nostre buyer personas. La domanda, però, sorge spontanea: quanti tipi di toni di voce esistono? Ed è possibile scegliere tra un elenco specifico e ben ancorato al nostro archetipo, andando “sul sicuro”?
La risposta a questa domanda è nì, perché esistono moltissime variabili. Un prodotto/servizio la cui vocazione dovrebbe essere seria, potrebbe decidere di rompere gli schemi e usare un tono del tutto differente (vedi il caso Taffo). A venirci in aiuto nella scelta, però, sono due criteri da tenere a mente: le dimensioni e il calore.
Toni di voce: dimensioni e calore
Secondo la società americana di consulenza Nielsen Norman Group, leader mondiale nell’esperienza utente basata sulle parole, esistono centinaia di sfumature di tone of voice, basate però solo su quattro dimensioni primarie d’interpretazione che racchiudono le loro qualità più ampie, che sono:
- Divertente vs serio: il brand sta cercando di essere divertente? O l’argomento è affrontato in modo serio?
- Formale vs informale: il brand ambisce ad approcciarsi al pubblico in modo formale? Informale? O sta nel mezzo?
- Rispettoso vs irriverente: il brand vuole essere rispettoso nei confronti del pubblico o preferisce l’irriverenza per distinguere il marchio dalla concorrenza?
- Entusiasta vs realista:il brand crede ciecamente nella sua causa ed entusiasta dell’argomento o vuole essere più asciutto e concreto?
I brand possono optare per un tone of voice che sta agli estremi di queste dimensioni primarie, collocarsi da qualche parte nel mezzo o addirittura muoversi in maniera trasversale fra le dimensioni. Riguardo al calore, invece, una delle autrici che più hanno illuminato il mondo della comunicazione è Valentina Falcinelli, che con il suo Testi che parlano ha suddiviso i toni di voce in base al calore, creando questo piccolo schema:
- Tono Freddo: distaccato, burocratico o istituzionale;
- Tono Neutro: professionale, asciutto, formale;
- Tono Caldo: colloquiale, amorevole, amichevole;
- Tono Colorato ironico, sensuale, aggressivo.
Combinando calore e dimensioni, dunque, possiamo stilare un elenco orientativo di 15 toni di voce super gettonati e diffusi, usati (e talvolta abusati) dalle aziende e dai brand di tutto il mondo. Ecco quali sono.
Amichevole
Il tono di voce amichevole mostra il calore giusto al momento giusto. Parla chiaramente al pubblico, usando un linguaggio semplice e riconoscibile e fornendo degli esempi tangibili. Uno degli esempi in Italia è Innocent, che per comunicare usa dei concetti tanto semplici quanto perfettamente esplicativi.
L’idea del brand è quella di trasformarsi in una persona vicina, che in quel momento è seduta accanto a noi e ci sta davvero raccontando la sua esperienza, le sue fatiche e i suoi sforzi, senza appesantirci e usando delle piccole tecniche di rilascio (frasi a effetto o puntini di sospensione) per non stancare.
Amorevole
Il tono di voce amorevole è, invece, molto più intimo. Emana affetto e tenerezza, usando parole chiave come soddisfazione, cura e cuore. È del tutto incentrato sul valore delle relazioni, siano esse fra esseri umani, sia che riguardino persone e animali o persone e oggetti.
L’idea del brand che sceglie questo tono di voce è quello di diventare complice e alleato del pubblico. La promessa implicita è quella di prendersi cura di chi segue, usando contenuti che sollevino il cuore e non siano mai eccessivi, rispettando la sensibilità del pubblico. Un esempio? L’Oreal, che nella sua comunicazione sottolinea il valore delle persone e fa di tutto per esaltarlo.
Assertivo
Quello assertivo è un tono di voce estremamente particolare. Parte dal presupposto che il brand dica sempre e comunque il vero, affermando in maniera consapevole la sua verità, senza però offendere chi la pensa diversamente. È un tone of voice difficile da maneggiare perché ha l’obiettivo di volgere qualsiasi cosa al positivo, stemperando qualsiasi situazione di contrasto con il pubblico.
Uno degli esempi di comunicazione assertiva è Telethon, che con i suoi contenuti riesce a essere chiaro nella comunicazione dei suoi intenti dimostrando di non voler “convincere” nessuno a entrare tra i suoi donatori: ciò che fa è già un successo e migliora la vita degli altri.
Autorevole
Sconsigliato per i brand perché è estremamente freddo, il tono di voce autorevole è quello che si può facilmente ritrovare sul sito web del Governo Italiano e/o in generale sui siti istituzionali. Burocratico, a tratti tecnico, nasce per mettere il pubblico in una posizione di lontananza e (per certi versi) di subordinazione.
Aggressivo
Il tono di voce aggressivo è, come dice la parola… aggressivo. Graffiante, urtante, volutamente esagerato, è tutto basato su un modello di comunicazione che esaspera le emozioni e le fa esplodere in maniera apparentemente incontrollata (ma in realtà fortemente voluta). Questo tone of voice è one-to-one, quindi dà del tu al pubblico, facendolo però sentire in una situazione di inadeguatezza.
L’intento è, in realtà, provocatorio: aggredendo, il brand cerca di stimolare nel pubblico una reazione che porti a un miglioramento e/o all’acquisto di un determinato prodotto. A oggi, un esempio di tone of voice aggressivo è quello di Frank Merenda, ma tornando indietro nel tempo non si può non pensare a…Wanna Marchi.
Asciutto
In generale, il tono di voce asciutto è uno dei toni più gettonati da enti e organizzazioni. Si tratta di un tipo di tone of voice che dice tutto, subito, senza giri di parole e in modo molto chiaro. Non si lascia andare all’emozionale, è secco ed esplicativo. Non è del tutto distaccato, ma va dritto al punto per cercare di dire al proprio pubblico tutto nel modo più lampante possibile. In Italia, per esempio, è il caso di SIELTE e GLOBALNET, due agenzie di comunicazione che hanno fatto del tono asciutto il loro mood principale: esattamente ciò che ci si aspetta da dei professionisti di settori particolarmente ostici da comprender per il grande pubblico.
Colloquiale
Andiamo invece adesso al tono di voce colloquiale, uno dei tone of voice decisamente più diffusi. Il tono di voce colloquiale è a metà fra l’amichevole e l’informale: è il tono che due persone che si conoscono da poco userebbero per cominciare a interagire, a conoscersi e a formare un rapporto. È l’ideale per chi vuole essere leggermente più caldo senza però spingersi troppo oltre.
Uno degli esempi in Italia è sicuramente Vodafone, che è per altro un’eccezione nel mondo delle telecomunicazioni: mentre Wind-Tre, Tim e Fastweb si muovono tra il giocoso, l’ispiratore e l’informale, Vodafone mantiene un certo rigore misto a flessibilità che rende la sua comunicazione facilmente individuabile.
Formale
Chiaro, conciso, elegante, un po’ freddo ma allo stesso tempo accattivante. Il tono formale è uno dei toni preferiti dai brand di lusso. Non a caso, alcuni degli esempi più lampanti sono Louis Vuitton, Cartier e Bulgari. L’idea alla base di questo tono di voce è quello di far sentire il pubblico/l’utente/il cliente rispettato. Il distacco non è un distacco di “superiorità”, ma di subordinazione.
In sostanza, il brand si mette al servizio del cliente, facendogli capire che può ottenere il lusso più sfrenato e, di conseguenza, il rispetto di chi interagisce con lui. Si fa un grande uso di aggettivi (lussuoso – pregiato – distintivo) che inneggiano all’unicità e a una posizione elevata.
Informale
Al contrario, il tono informale tende a essere più caldo. È in perfetto equilibrio tra caldo e freddo e tra entusiasta e realista. Le parole usate propendono all’amichevole, ma i concetti espressi rimangono sempre leggermente più freddi, come se fossero più che altro di pubblica utilità. Per capire bene il tono informale basta pensare a uno speaker esperto che parla sul palco del suo argomento di pertinenza, alternando ogni tanto con delle digressioni più personali.
I brand/le aziende/imprese che usano il tono informale sono molte: Tim, per esempio, ma anche Leroy Merlin, Zalando e persino un brand di lusso come Jimmy Choo. L’obiettivo del tono informale, in fondo, è quello di essere accoglienti e alla mano, cercando di dare al pubblico una dimensione salva, non troppo empatica ma nemmeno eccessivamente disinteressata.
Giocoso
Il tono di voce giocoso è estremamente gradevole: caldo, colorato, informale ed entusiasta, riesce a essere davvero di enorme presa. Usa termini particolari, esagerando talvolta con gli aggettivi, al solo scopo di creare una comunicazione che sia sì disimpegnata ma che colga anche nel segno. I concetti sono espressi non in maniera pomposa, ma sicuramente spinta all’eccesso per esasperare (in modo positivo) dei concetti di divertimento o di benessere.
Un brand che è riuscito a distinguersi e fare colpo con la sua comunicazione giocosa? Senza ombra di dubbio, Lush. Questo brand di cosmetici è riuscito ad affrancarsi dal comune archetipo dell’innocente e dal più classici toni di voce amorevole o sensuale comuni nel settore e dare vita a un modo di interagire con il pubblico tutto nuovo e del tutto efficace.
Ironico o irriverente
Come il tono umoristico, che vedremo in seguito, il tono ironico o irriverente è uno di quelli da maneggiare con cura. Si basa su due criteri: quello di scherzare con l’utente e quello di scherzare SULL’utente. In entrambi i casi non è detto che piaccia, ma quando piace è sicuramente di presa. Il lessico tende a essere sempre molto moderno e attuale, a trarre ispirazione dal parlato comune e a punzecchiare le debolezze sia del momento che sul lungo termine del mondo e/o del proprio target.
Ci sono due esempi in questo senso: il primo è Skipper-Zuegg (di cui ci parla Valentina Falcinelli), che si spinge sul caldo e sul colorato e prende un po’ in giro sia gli utenti che la concorrenza, e il secondo è uno dei brand più noti in assoluti per la sua irreverenza, ovvero Ceres. Ceres è un marchio che è stato in grado di spingere la sua comunicazione sull’irriverenza e di declinare persino i più tragici eventi di attualità senza perdere di vista la sua essenza. Un vero successo, così come Taffo, che da impresa di pompe funebri si è trasformata in vero e proprio fenomeno della comunicazione.
Onirico
Il tono di voce onirico è, in breve, ispiratore e ottimista. È a metà tra il caldo e il freddo, perché deve giocare su un attivatore importantissimo: il raggiungimento dello status symbol, di ciò che sembra inarrivabile e invece è proprio a portata di mano (o di portafogli). Il tono di voce onirico porta il pubblico a un livello successivo, con parole di presa che fanno capire quanto può migliorare la vita avendo a disposizione determinati prodotti o servizi.
Pioniere del tono di voce onirico è stato Apple, brand che ancora oggi accattiva grazie alla sua comunicazione che riesce anche a essere estremamente motivante. C’è però da dire che il tono di voce onirico può essere declinato in molti modi: è uno dei più trasversali, perché può anche spingersi verso il sensuale – caldo (un esempio? Felce Azzurra) o restare leggermente distaccato ma al contempo usare delle note più calde per evitare l’effetto ghiacciolo (esempio: Samsung).
Sensuale
Andiamo ora al tono di voce sensuale, che si spinge un po’ più in là rispetto all’amorevole. Caldo, caldissimo, questo tono di voce vuole essere essere avvolgente e stuzzicare l’utente facendo leva, senza girarci troppo intorno, sulla lussuria. Per quanto sia gettonatissimo dai brand di intimo, in realtà il tono sensuale può adattarsi a diversi marchi per via delle sue parole e del suo lessico ammiccante, dei suoi colori caldi e della sua capacità di stimolare giocando sui sensi.
Ci sono diversi esempi ben riusciti in Italia (e nel mondo): Nespresso, Chanel, Lindt ma addirittura anche Cesar, un marchio di cibo per animali che riesce a essere voluttuoso sfruttando le associazioni mentali fra felini e sensualità. Usare il tono di voce sensuale, dunque, non significa necessariamente fare leva sul sesso, ma riuscire ad accattivare il pubblico giocando sui suoi desideri.
Umoristico
Il tono umoristico è sicuramente uno dei tone of voice che fa più gola in assoluto: far ridere il pubblico è infatti un modo eccezionale per fidelizzare gli utenti. Tuttavia, va maneggiato con cura. Essendo un tono caldo e colorato ma non ironico né irriverente, il suo vocabolario va maneggiato con attenzione cercando di non essere troppo graffiante. È molto importante che sia equilibrato, dosando l’effetto sorriso con le informazioni e l’essenza più profonda del brand.
Un esempio che negli ultimi anni può dirsi davvero riuscito è la comunicazione di NeN Energia. Si tratta di un brand di energia di libero mercato e, sulla carta, sarebbe andato sul sicuro affidandosi all’asciutto e/o al formale. Invece, NeN riesce a comunicare con umorismo e con un pizzico di giocosità, rimanendo coerente su tutti i suoi canali.
Come si sceglie il tono di voce?
Abbiamo appena visto un elenco di tone of voices abbastanza esplicativo, con tanto di esempi. Ma come hanno fatto i brand succitati a scegliere la tipologia giusta? In effetti, in molti casi è valido ciò che abbiamo detto all’inizio: tenere presente l’archetipo del brand e, di conseguenza, pensare alla brand voice e poi al tone of voice.
Tuttavia, abbiamo anche detto che esistono moltissime variabili, ed è per questo che non si può pescare dal mazzo basandosi fiduciosamente sulla brand identity. Per scegliere il proprio tono di voce è buona norma farsi delle domande, che riportiamo di seguito.
Chi è il target di riferimento?
Alla base di tutte le strategie di comunicazione e posizionamento del nostro brand/impresa azienda, c’è sempre il target di riferimento, il nostro pubblico. Occorre sapere sin dall’inizio chi sarà il nostro pubblico: qual è la fascia d’età a cui parliamo? Cosa desidera? Quali sono le cose che gli offriamo?
Per scegliere il tone of voice bisogna capire che il pubblico non è il nostro “cliente” è basta: è l’eroe della nostra storia e noi siamo i suoi fidi aiutanti. Il nostro target è Zorro, noi siamo Sancho Panza: come possiamo aiutarlo? E con quali parole i nostri suggerimenti possono arrivare dritti al suo cuore? Queste domande sono alla base della scelta del nostro tono di voce.
Quali sono i valori del brand?
Poi, per scegliere il tono di voce giusto è capire quali sono i valori fondamentali del brand. Per farlo occorre fare una riflessione su ciò che rende unica l’impresa/azienda/il marchio e su ciò che rappresenta e che rappresenterà. Dopo aver fatto un’elenco dei valori fondamentali, dovremmo provare anche a spiegare perché, appunto, sono fondamentali e cosa li rende così imprescindibili.
Questo piccolo elenco con spiegazioni rende molto più semplice capire cosa il pubblico si aspetterà nell’interazione con il brand. Va da sé che una volta capito cosa il pubblico si aspetta, si comincerà anche ad avere un’idea più chiara di quale sarà il tone of voice giusto per parlare con lui.
In che modo il brand raggiunge gli obiettivi?
Altra cosa da prendere in considerazione: qual è la mission del brand? Come raggiunge gli obiettivi? Se un’azienda/impresa/un brand punta a un determinato scopo, avrà anche un’idea di come raggiungere questo scopo. Quali sono le strade che verranno percorse? Una volta elencati i modi di raggiungere gli obiettivi, il passo successivo è: come spiegare al pubblico i nostri movimenti?
Questo passaggio è più o meno come fare una dichiarazione d’intenti che dovrà poi essere spiegata a una platea. Capire in che modo si dovrà spiegare al pubblico il brand raggiungerà gli scopi prefissati è un modo per comprendere come parlargli nelle più disparate occasioni, comprese quelle di crisi.
Su quali contenuti punterà il brand?
Se un brand vuole comunicare alla perfezione dovrà usare tutti i contenuti possibili, è chiaro: questo è alla base di qualsiasi strategia di comunicazione transmediale. Tuttavia, ogni marchio/impresa/azienda ha e deve avere dei canali d’elezione, legati strettamente al pubblico di riferimento. Se si vuole parlare alla Generazione Z, andranno usate piattaforme specifiche, mentre se si vuole parlare ai Millennials si punterà sicuramente su altri canali.
Capire quali sono i contenuti su cui si vorrà puntare maggiormente è essenziale per scegliere il tono di voce, perché, per esempio, ogni copy sui social media ha bisogno di essere declinato in modo specifico per non perdere coerenza né con il brand né con la piattaforma. Meglio, dunque, pensarci prima.
Perché il tono di voce è essenziale?
Arrivati qui, avremo più o meno chiaro che il tono di voce è il modo per parlare al pubblico. Ma perché è così essenziale? Perché nessun brand che si rispetti ne può fare a meno? E perché abbiamo battuto moltissimo sul fatto che ogni tono di voce ha specifiche sfumature, che devono essere declinate tenendo conto di calore, dimensioni e brand identity? I motivi in realtà sono tanti e tutti diversi. Eccoli elencati.
Distingue dalla concorrenza
Se un brand ha un tone of voice perfettamente declinato e chiaro, sarà riconoscibile, unico e distinguibile. Ciò dà un vantaggio rispetto agli altri competitors online: la rete è piena di aziende/imprese/brand che vogliono farsi conoscere ed emergere può essere difficile, ma con un tono di voce personalizzato e chiaro il processo è decisamente più semplice.
Crea un rapporto unico con il pubblico
Non solo: un tono di voce chiaro, personalizzato e curato, con un vocabolario preciso, crea un rapporto unico con il pubblico. Perché? Perché in realtà finisce per emulare la comunicazione faccia a faccia, senza tuttavia ricalcarla o cercare di riprodurla in maniera grossolana. Come abbiamo già detto, il brand con un buon tone of voice diventa come una “persona” che parla, discute e interagisce con i suoi fan e follower in maniera inconfondibile. Non è da tutti e, quando ci si riesce, è un vero successo.
Aiuta la costruzione del brand
Se un tono di voce distingue dalla concorrenza e creare un rapporto unico con il pubblico, va da sé che aiuterà anche nella costruzione del brand. Sì, è vero, un brand deve essere solido sin dal suo esordio in rete, ma nel mondo della comunicazione (così come nella vita) l’esperienza insegna e la personalità/il successo si costruisce giorno dopo giorno, adattandosi a tutte le evoluzioni e alle trasformazioni che i nostri tempi richiedono.
Un tone of voice coerente, che resta sé stesso in ogni occasione e non si perde, riuscendo però nel frattempo a essere sempre all’avanguardia, è fondamentale per dare maggiore struttura al brand e renderlo ancora più vero, più tangibile e più vicino al pubblico.
Aumenta l’authority
Infine, alla luce di quanto detto, il tono di voce è fondamentale anche perché aumenta l’authority del brand. Il modo in cui un marchio/impresa/azienda si rapporta al proprio pubblico è uno dei criteri di valutazione dell’autorità sul web e sui social, ovvero la sua forza e la sua capacità di presa a livello globale sul web.
Come usare al meglio il tono di voce
Il tono di voce è l’espressione al pubblico del modo di pensare del nostro marchio/impresa/azienda. Non si può plasmare in base a una tendenza o a qualcosa che si ritiene essere “cool” o di moda. Deve essere fissato sin da subito ed essere ancorato al presente, ovvero a com’è il rapporto con il pubblico oggi, adesso.
Di conseguenza, il modo migliore per usare il tono di voce è quello di pensare al rapporto che si sviluppa con il pubblico giorno per giorno, pur rimanendo coerenti con la tipologia scelta. Ogni azienda ha i suoi modi di pensare e fare le cose e ogni azienda ha il suo modo di prendersi cura dei suoi utenti: occorre fare in modo che questa cura, tradotta nel tono di voce selezionato, venga trasmessa quotidianamente.
Farlo richiede un allineamento strategico tra i vari contenuti del brand. È impensabile che contenuti sui social media, blog post, copy, microcopy, call to action e qualsivoglia tipo di testo/contenuto si distanzi dal tone of voice scelto. Tutte le opzioni devono essere sulla stessa lunghezza, pur differenziandosi in base al canale scelto.
Si tratta di un lavoro certosino, attento: non basta solo scegliere il “tipo” di tono: occorre anche saperlo usare per bene, senza lasciare niente al caso e curando in ogni momento i propri contenuti, perché non deludano mai l’utente finale.
Trucchi per far evolvere (senza stravolgere) il tono di voce
Una volta scelto il tono di voce, il gioco è fatto? Certo che no. Come ogni cosa nella comunicazione, il tono di voce deve evolversi insieme al brand. Questo significa che per poter progredire, occorre mettere in pratica una serie di trucchi che pur non lasciando indietro la coerenza, aiutino a essere sempre al passo.
Il primo trucco è creare un dizionario del tone of voice, con le parole più usate e apprezzate, e aggiornarlo regolarmente. Così facendo si otterrà una banca dati di parole/frasi sempre al passo, che possono essere tanto riutilizzate quanto plasmate per adattarsi a nuovi contenuti.
Il secondo trucco è pensare a delle vere e proprie guide per i diversi contenuti. Sappiamo bene che un brand/impresa/azienda comunica su molti canali, dunque è bene stilare una serie di vademecum (anch’essi sempre aggiornati) che si adattino a ogni tipo di contenuto, dalle pubblicazioni sui social ai comunicati stampa.
Infine, l’ultimo e più importante dei trucchi… non è un trucco. Semplicemente, è una necessità: bisogna affidarsi a un’agenzia di comunicazione transmediale i cui content editor abbiano le capacità di scrittura e l’esperienza per esprimere la personalità del brand in modo unico e coerente, attraverso la sintassi, la scelta delle parole e altre tecniche di scrittura e di creazione dei contenuti in generale.
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