I fattori di ranking sono quegli elementi che hanno il potere di influenzare il posizionamento di un sito web nella SERP. Google li analizza scrupolosamente per organizzare e ordinare i risultati di ricerca, pertanto vanno tenuti attentamente in considerazione quando si formula una strategia di Web Marketing.
Pare che Big G tenga in considerazione oltre 200 condizioni e la difficoltà maggiore è rappresentata dal fatto che gli algoritmi sono in continua evoluzione. Ogni anno, infatti, vengono apportate centinaia di modifiche di entità diverse e pertanto è necessario rimanere costantemente aggiornati per ottimizzare le proprie risorse e scalare la SERP.
Per provare a semplificare questa ampia lista, è possibile fare riferimento a 9 categorie principali.
- Fattori legati al dominio (Domain Factors)
- Fattori della pagina (Page-Level Factors)
- Fattori del sito (Site-Level Factors)
- Fattori di backlink (Backlink Factors)
- Interazione degli utenti (User Interaction)
- Regole speciali dell’algoritmo di Google (Special Google Algorithm Rules)
- Segnali del brand (Brand Signals)
- Fattori di webspam on-site (On-Site Webspam Factors)
- Fattori di webspam off-site (On-Site Webspam Factors)
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Fattori legati al dominio
La registrazione di un dominio rappresenta un investimento in termini di credibilità e riconoscibilità. Tuttavia, affinché questo spazio sul web abbia realmente un senso all’interno di una strategia digitale, è necessario prestare attenzione agli aspetti che interessano di più a Google quando deve assegnare a un sito la posizione nella SERP.
1. Anzianità. Google verifica da quanto è in rete un determinato dominio. Tuttavia, pare che questo parametro non rivesta un ruolo primario nella determinazione del ranking.
2. Keyword al primo posto nel nome del dominio. Questo elemento incide sulla SEO soprattutto per indicare a Google per quale parola chiave ci si vuole posizionare. Inoltre, può fornire un vantaggio rispetto ai competitor nel momento in cui questi non hanno inserito la stessa parola chiave nel dominio, oppure lo hanno fatto ma non all’inizio.
3. Keyword presente nel Top Level Domain: si tratta dell’ultimo segmento di un nome di dominio, ossia la parte che segue il punto finale (il più noto è il .com).
4. Keyword presente nel sottodominio.
5. Metriche di analisi del dominio. Esistono sistemi interni al colosso di Mountain View che hanno il compito di analizzare i siti. John Muller, Google Senior Webmaster Trends Analyst, ha affermato che anche questi elementi, se presenti nel dominio di una piattaforma, hanno un peso sulla SEO.
6. Corrispondenza esatta della keyword (exact match domain), ovvero la precisa coincidenza tra il nome del dominio e la keyword con cui si vuole comparire sul web.
7. Informazioni relative a chi registra il dominio. Google solitamente valuta come segnale di trasparenza la scelta di un nuovo utente di lasciare pubblici i dati quando registra un sito. Se invece decide di tenerli privati, potrebbe risultare agli occhi di Big G un comportamento sospetto.
8. Country Code nel dominio. La scelta di un dominio di primo livello che possiede un’estensione con il country code specifico per il territorio geografico di appartenenza viene visto positivamente da Google. Questo perché il dominio risulta essere in grado di ricevere un traffico più pertinente in termini di geolocalizzazione.
9. Penalizzazione del registrante. Google non dimentica: se il registrante è stato penalizzato in passato per spam, anche il suo nuovo dominio rischia di essere sottoposto a maggiori controlli.
10. Cronologia del dominio. La “fedina penale” digitale è una cosa seria per Google: sul posizionamento di un dominio possono influire penalizzazioni passate e potrebbero portare Big G a eliminare tutti i collegamenti che arrivano a quel sito.
11. Durata della registrazione. Pare che sulla credibilità di un sito influisca l’anzianità del dominio: più è elevata, più rende il sito affidabile agli occhi degli spider.
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Fattori della pagina (Page-Level Factors)
Un lungo elenco concerne i fattori di posizionamento su Google legati alle caratteristiche delle pagine di un sito. Scrivere contenuti di qualità rimane sempre fondamentale, tuttavia la lista contiene anche molti riferimenti tecnici e strutturali del sito.
12. Keyword nel Tag Title.
13. Keyword all’inizio del Title Tag. Come la keyword all’inizio del dominio, anche questa operazione può rappresentare un vantaggio in termini di SEO e un fattore di differenziazione dai competitor.
14. Keyword nella Meta Description. Non è un fattore di posizionamento primario, tuttavia ha un’influenza sui clic che a sua volta può incidere sul ranking di un sito.
15. Keyword nell’H1. Ricordati che ai fini della SEO, è spesso utile differenziare l’intestazione dal tag title. Puoi ripassare i motivi qui.
16. Densità della keyword. Come ripetiamo sempre, la parola chiave deve far sentire la sua presenza, ma senza mai essere ingombrante. Affinché possa svolgere correttamente il suo ruolo, è necessario collocarla nelle posizioni di testo più significative in maniera fluida e naturale.
17. Prominenza della keyword. Come anticipato, osserva di inserirla nei punti strategici del tuo contenuto: all’inizio della pagina, nei titoli H1, H2 ecc., nella metadescrizione e nel tag title.
18. Keyword nei tag heading. Approfondendo questo tema, bisogna specificare che inserire la parola chiave nei titoli H2, H3 e così via non influisce direttamente sulla SEO. Tuttavia, ha comunque un peso in relazione al posizionamento perché fornisce le indicazioni agli utenti e a Google per interpretare la struttura e i contenuti della pagina.
19. Utilizzo di Keyword LSI nel contenuto. L’espressione LSI significa “indicizzazione semantica latente” e fa riferimento all’utilizzo di parole chiave legale alla principale. Questa pratica è sicuramente utile per la SEO poiché aiuta il motore Google a comprendere contenuti e qualità del sito, valutandone la pertinenza rispetto alla query per cui ci si vuole posizionare.
20. Inserimento delle Keyword LSI nel tag Title e nella meta description.
21. Autorevolezza del dominio. Questo elemento valuta la reputazione e quindi l’affidabilità di un sito web nel complesso. Il suo valore oscilla tra 1 e 100 e dipende da diversi fattori tra cui: il traffico del sito, la user experience e la presenza di link interni ed esterni provenienti da fonti attendibili.
22. PageRank della pagina. Nato come indice di popolarità di un sito, si è evoluto come fattore che indica la credibilità e l’importanza di un sito in base ai backlink ricevuti. Sebbene non ci sia una correlazione diretta tra questo elemento e la SEO, le pagine che registrano un PageRank più alto vantano posizionamenti migliori di quelle senza link o con link non di qualità.
23. Numero di keyword posizionate. Google valuta positivamente un sito presente nelle prime posizioni della SERP con più di una parola chiave.
24. Lunghezza del contenuto. Tra i SEO Trend 2021, emerge l’utilità di scrivere contenuti long form per scalare la SERP. Sembra infatti che l’algoritmo di Google preferisca contenuti approfonditi anziché quelli che trattano superficialmente un argomento. Un testo lungo, ha certamente più probabilità di soddisfare l’intento di ricerca dei visitatori.
25. Contenuti duplicati. La presenza di elementi uguali all’interno dello stesso sito rappresenta un fattore che influisce in modo negativo sul posizionamento, determinando anche problemi di indicizzazione.
26. Meta description duplicate. Vale quanto detto nel punto precedente. Per verificare la presenza di questo problema puoi utilizzare Google Search Console: abbiamo pubblicato una guida per sfruttare questo strumento al meglio!
27. Dimensione degli URL. Cerca di non esagerare con la lunghezza: può inficiare la visibilità di una pagina su Google. Se usi piattaforme come WordPress e hai installato il plugin SEO Yoast, nel pannello in basso riceverai indicazioni sull’eventuale URL da accorciare.
28. Percorso degli URL. Le pagine con URL più vicini alla homepage sono posizionate meglio di quelle più difficili da trovare nei meandri del tuo sito.
29. Presenza di errori HTML non corretti.
30. Uso di Tag. Soprattutto su WordPress, aiutano a collegare tra di loro gli argomenti e a rendere più intuitiva e piacevole la navigazione. E sappiamo che per Google è fondamentale che un sito offra un’esperienza il più possibile semplice all’utente.
31. Presenza della keyword nell’URL. Benché non rappresenti un elemento di rilievo in termini di posizionamento, l’URL beneficia dell’inserimento al suo interno di parole chiave. Si tratta infatti della prima componente del percorso che porta l’utente a una determinata pagina, ed è inoltre un elemento scansionato da Google.
32. Formato dell’URL.
33. Priorità della pagina nella Sitemap. La mappa che contiene tutti gli URL di un sito in maniera gerarchica, è utile per indicare a Google quali pagine indicizzare in modo prioritario.
34. Categorie delle pagine. Rappresentano gli elementi chiave dell’architettura di un sito e confluiscono nella valutazione di pertinenza per il ranking.
35. Creazione di un indice. Anche questo fattore ha un peso per la valutazione della configurazione del tuo sito. Aiuta infatti Big G a comprendere se la sua organizzazione sia ordinata e precisa.
36. Chiarezza del testo.
37. Testo con elenchi puntati e liste. Ok i long form, ma ricordati di organizzare il tuo testo evitando muri di testo, che non piacciono a Google. Il motore di ricerca infatti predilige i contenuti in cui risaltano le tematiche principali e che sono semplici da leggere.
38. Contenuti curati, senza errori grammaticali, sintattici e ortografici.
39. Contenuti originali, in grado di distinguersi da quelli dei competitor.
40. Contenuti utili per i lettori. Ricordati che qualsiasi cosa tu inserisca nel tuo sito, dovrà essere in grado di soddisfare i desideri dei lettori, siano essi di conoscere qualcosa, acquistare un prodotto o servizio o semplicemente svagarsi.
41. Temi sapientemente approfonditi. Lo abbiamo detto poco fa: favorisci i contenuti lunghi, ma che siano sempre di valore e trattino nel dettaglio un argomento. Ai visitatori non piace non trovare risposte alle proprie domande. E di conseguenza questo non va bene nemmeno a Google.
42. Profondità dei contenuti.
43. Età della pagina. Se è vero che un dominio di una certa anzianità può godere di un posizionamento migliore rispetto a un sito di recente creazione, devi considerare anche che una pagina vecchia, ma con temi aggiornati e al passo con i tempi viene sempre premiata.
44. Contenuti recenti. Anche la freschezza delle singole pagine dei relativi contenuti ha un peso a livello di ranking.
45. Tipologia di aggiornamenti. Modifiche sostanziali o di una certa entità incidono molto di più sulla SEO rispetto a cambiamenti minori come la correzione di refusi.
46. Costanza degli aggiornamenti.
47. Frequenza di una determinata parola nel testo. Non stiamo parlando della keyword, che anzi ci raccomandiamo di non ripetere troppo per evitare penalizzazioni. Se un termine compare più volte nel testo, aiuta i motori di ricerca a capire che la pagina tratta un certo argomento.
48. Match con l’entità. Le Entity sono un elenco di elementi associati al Knowledge Graph di Google, che descrive persone, luoghi e cose del mondo reale. Il loro compito è quello di rendere più approfondita la ricerca dell’utente. Infatti, quando il contenuto di una pagina è in grado di corrispondere con precisione a una entità cercata dall’utente, viene assegnato un punteggio di ranking più alto alla pagina.
49. Parametri di Google Hummingbird. Dal 2013 l’algoritmo di Google ha rivoluzionato la modalità di valutazione delle pagine, andando oltre le semplici keyword. L’analisi è diventata più ampia e comprende quelle espressioni che utilizzano un linguaggio naturale e discorsivo.
50. Utilizzo del tag Rel = Canonical. Si tratta di un elemento HTML che ha la funzione di comunicare ai motori di ricerca, quando sono presenti due o più URL con contenuto identico o simile, qual è la pagina “principale”.
51. Uso di contenuti multimediali come immagini e video. Questi elementi rappresentano un segnale di qualità del contenuto, in quanto significa che offre un valore all’utente che visita la pagina.
52. Ottimizzazione delle immagini. Un’operazione spesso trascurata, ma che invece ha un’importanza primaria per la SEO. Ricordati quindi di:
– Rinominare le immagini utilizzando le keyword corrette. In tale maniera i motori di ricerca riusciranno a comprendere il significato del file e la sua pertinenza rispetto alla ricerca effettuata dall’utente.
– Scegliere correttamente i tag ALT.
– Selezionare il formato delle immagini corretto.
– Ridurre le dimensioni delle immagini.
– Creare una Sitemap per le immagini.
53. Presenza di contenuti supplementari utili. Può trattarsi per esempio di ricette interattive, convertitori di valuta o calcolatori degli interessi di prestito.
54. Ottimizzazione del sito in ottica mobile-friendly.
55. User experience da mobile.
56. Layout della pagina in ottica User Friendly.
57. Rapidità di caricamento HTML. Gli algoritmi di Google utilizzano dei test di page speed, i cosiddetti PageSpeed Insights, che valutano la velocità in base alla quale si carica un sito in base al codice HTML della pagina. Questo ha un impatto importante sulla valutazione della User Experience.
58. Velocità di caricamento su Chrome.
59. Uso di AMP. L’uso della tecnologia AMP (Accelerated Mobile Pages) può influenzare in primis il caricamento degli annunci Google Ads e, in generale, quello delle pagine.
60. Nascondere contenuti nella versione mobile. Pare che questa pratica non piaccia a Google e potrebbe dare luogo a una penalizzazione.
61. Contenuti nascosti in tab. Anche in questo caso, se vengono nascosti alcuni contenuti in una tab della pagina rendendoli accessibili solo attraverso i clic dell’utente, Google potrebbe non indicizzarli.
62. Link in uscita. I collegamenti con siti esterni vengono considerati elementi di affidabilità e fiducia da parte di Google. Il suo scopo è quello di ridurre lo spam sui risultati dovuto alla presenza di link non rilevanti.
63. Argomento del link in uscita. Tieni presente che Hilltop, un algoritmo di Google, ordina i risultati di ricerca in base all’autorevolezza.
64. Numero di link in uscita. Inserisci il numero giusto di collegamenti con pagine esterne, altrimenti rischi una valutazione negativa da parte di PageRank. Questo perché innanzitutto portare i tuoi utenti su altri siti potrebbe distogliere l’attenzione dei lettori dal tuo contenuto. Inoltre, troppi link o link non pertinenti, potrebbero sembrare spam agli occhi di Big G.
65. Utilizzo di fonti e risorse esterne. Anche in questo caso, fai una scelta ponderata senza esagerare.
66. Numero di link interni verso la pagina. Creare una buona struttura di link interni aiuta a organizzare in modo chiaro il sito e a collegare gli argomenti. Inoltre è anche un modo per rispondere al requisito di rilevanza.
67. Qualità dei link interni.
68. Anchor text dei link interni.
69. Presenza di link rotti. I broken link influiscono negativamente sul ranking, pertanto ricordati di controllare costantemente i tuoi collegamenti interni e di correggere eventuali errori.
70. Creazione di link di affiliazione. Inseriscili tenendo conto della strategia generale di link building per non incorrere nel rischio di spam.
71. Ruolo degli editor. Questo fattore fa riferimento a una vecchio brevetto Google, risalente al 2000 ma ancora valido, in cui si dice che le opinioni di supporto da parte di editor umani potrebbero influenzare il posizionamento su Google Search.
72. Presenza di parked domain. L’espressione “parcheggiato” si riferisce a un dominio di secondo livello che è stato pubblicato online ma non utilizzato. Hai presente i messaggi “under construction”? Ecco, determinano una riduzione dell’autorevolezza di un sito perché sembra che il sito venga trascurato!
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Fattori del sito (Site-Level Factors)
Tra i fattori cui presta molta attenzione Google nel determinare il posizionamento di un sito nella SERP, vi sono tutti gli aspetti che riguardano la cura della piattaforma in ogni particolare, dalla struttura ai contenuti.
73. Usabilità del sito. Più il tuo sito è veloce e intuitivo da utilizzare, più viene apprezzato da Google e ha la possibilità di ottenere un punteggio di ranking più elevato.
74. Architettura del sito. Creare uno scheletro solido e ben strutturato favorisce l’indicizzazione da parte di Google.
75. Creazione di una sitemap. Realizzare una sitemap HTML rende più semplice per Googlebot l’indicizzazione delle pagine.
76. Navigazione Breadcrumb. La presenza di link di navigazione che riproducono il percorso tracciato dal sito web aiuta notevolmente la navigazione da parte degli utenti. Conseguentemente, rende la User Experience più intuitiva e rapida.
77. Pagina Contatti. Inserire una pagina con i riferimenti e i contatti della proprietà o dei gestori è considerato uno dei principali fattori di ranking della local SEO, perché consente agli utenti di conoscere informazioni relative all’azienda che è vicina a loro.
78. Pagine Privacy e Termini del servizio. Secondo Google, la pagina con le condizioni e i termini del servizio e della privacy rende il sito affidabile.
79. Aggiornamenti al sito. Come detto prima, la freschezza dei contenuti viene sicuramente premiata da Big G.
80. TrustRank. Si tratta di una tecnica di analisi che dal 2005 analizza l’affidabilità di una pagina in base alla veridicità delle informazioni presenti.
81. Uptime del sito. Il tempo di funzionamento di un sito misura l’intervallo tra il momento di avvio e quello di funzionamento. Questo fattore più è alto più determina benefici in termini di ranking, perché significa che la piattaforma è veloce nel caricamento. Presta attenzione quindi a problemi con il server o disservizi vari, perché potrebbero far abbassare questo valore.
82. Localizzazione del server. La posizione geografica del server può influenzare il ranking, soprattutto in relazione alle ricerche geo-localizzate.
83. Certificato SSL.
84. Video YouTube. YouTube (social media di proprietà Google) è la piattaforma da preferire per caricare video su un sito nelle SERP del motore di ricerca rispetto ai video caricati su altre piattaforme: YouTube è dunque il sito da preferire per l’upload di un video, e un buon account YouTube può essere anche un segnale SEO di rilievo.
85. Utilizzo di Google Analytics e Google Search Console. Pare che queste due piattaforme influiscano sul ranking, perché forniscono a Google informazioni dettagliate sul sito.
86. Recensioni degli utenti. I feedback degli utenti (soprattutto se pubblicati su piattaforme come Yelp.com, che godono di una certa autorevolezza) vengono valutati da Big G in modo positivo.
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Fattori di backlink (Backlink Factors)
Le strategie di link building si annoverano tra gli elementi di analisi più importanti di Big G in fase di determinazione del ranking di un determinato sito. I collegamenti ipertestuali, infatti, rappresentano una miniera d’oro per il raggiungimento di un certo livello di affidabilità e autorevolezza.
87. Autorevolezza del dominio.
88. Autorevolezza della pagina. Grazie all’attività di link building è possibile creare connessioni fra le varie risorse, oltre che ottenere un buon punteggio per l’autorevolezza. Come afferma il gigante di Mountain View, un link è come ricevere un voto da una pagina e “i voti delle pagine già ritenute importanti hanno un peso maggiore e contribuiscono a rendere le altre pagine importanti”.
89. Numero di domini che linkano al tuo sito.
90. Somma del numero di pagine che portano al tuo sito.
91. Età del dominio da cui parte il link.
92. Età del link. Un backlink attivo da un po’ di tempo risulta autorevole e viene premiato da Google. Ricordati però di aggiornare i contenuti quando necessario.
93. Strategia di backlink naturale e ben sviluppata.
94. Anchor text dei backlink. I testi di ancoraggio indicano a Google l’argomento principale della pagina. Per questo, inserire nell’ancora la keyword può portare benefici a livello di SEO. Questo però deve avvenire appunto solo se possibile, senza forzature che vengono subito riconosciute da Big G.
95. Title del link.
96. Presenza della keyword nel title.
97. Posizione del link nel contenuto. La collocazione dei collegamenti ipertestuali nella parte più alta del testo è preferibile.
98. Posizione del link nella pagina.
99. Link alla Homepage. Gli outbound link, ossia quelli che rimandano a una homepage hanno un ruolo speciale nella valutazione di un sito.
100. Link nofollow. Come abbiamo già affermato nell’articolo relativo all’ottimizzazione dei link interni di un sito, è meglio evitare i collegamenti con attributo nofollow. Tuttavia, poiché questo indica a Google di non seguirlo e non valutarlo per la classifica di ranking, può rappresentare un elemento naturale da inserire in una strategia di link building.
101. Link contestualizzati.
102. Link nel Tag Alt delle immagini. Questa scelta può portare giovare alla SEO perché il tag alt viene interpretato come anchor text dai motori di ricerca.
103. Link pubblicitari. I link in ads dovrebbero essere impostati in nofollow, ma è altamente probabile che l’algoritmo di Google sia capace di identificare e filtrare i link pubblicitari lasciati in dofollow.
104. Link sponsorizzati e termini simili. Queste tipologie di collegamenti ipertestuali denotano la presenza di un accordo dietro l’operazione. Pertanto, potrebbe apportare valore in termini di autorevolezza di un sito.
105. Quantità di link da siti con IP di C-Class diversi. Indicare che i backlink provengono da siti esterni e fonti esterni, soprattutto se sono già considerate affidabili da Google, determina un notevole vantaggio.
106. Eccesso di reindirizzamenti 301. Come i collegamenti diretti, anche in questo caso assicurati di non esagerare!
107. Utilizzo di Schema.org: sembra sia un elemento che piace a Google.
108. TrustRank del sito linkante.
109. Quantità di link esterni in pagina. Una pagina con eccessivi collegamenti in uscita trasmette meno PageRank di una pagina che utilizza in maniera ponderata gli outbound links.
110. Qualità del contenuto.
111. Numero di parole del contenuto linkato. Un link a un long form assicura un punteggio maggiore nella valutazione di Big G rispetto ai testi molto corti.
112. Sitewide link. I collegamenti ipertestuali presenti in parti replicate del sito come il footer o la sidebar, vengono compressi e considerati come un unico link da Google.
113. Velocità dei link positiva. La capacità di ottenere più link in ingresso di quelli persi può incrementare la popolarità di un sito.
114. Velocità dei link negativa. In questo caso la conseguenza è quella opposta: può determinarsi un abbassamento del punteggio di popolarità.
115. Varietà delle fonti.
116. Link da siti istituzionali. La ricezione di link da siti con estensioni come .gov o .edu un segnale di affidabilità per il sito.
117. Link che arrivano da siti reali. Google si impegna per distinguere i backlink provenienti da siti affidabili da quelli fake.
118. Link provenienti da siti con estensioni localizzate. Ricevere backlink da siti che hanno estensioni TLD localizzate e specifiche (ad esempio, .it, .co, .us) aiuta il posizionamento in una determinata area geografica.
119. Link da Authority Sites. Ricevere un link da siti autorevoli aumenta il punteggio di valutazione di un sito.
120. Link tra le fonti di Wikipedia. Si tratta di nofollow, ma pare siano in grado di consolidare la fiducia che Google assegna a un determinato sito.
121. Link da dominio pertinente. Ricevere un backlink da un sito che tratta argomenti affini o addirittura i medesimi, ha un peso significativo.
122. Link da pagine pertinenti. Vale quanto detto al punto precedente.
123. Link da competitor. Ricevere link dal sito di un concorrente, soprattutto relativamente alle stesse keyword, aumenta il punteggio di valutazione di Big G.
124. Link da siti “attesi”. Questi elementi, invece, penalizzano il posizionamento di un sito web perché il motore di ricerca li considera come poco affidabili.
125. Guest post. La scelta di ospitare su un sito un contenuto scritto da un esperto, rimandando al suo sito attraverso un link, aiuta il ranking di un sito. Questa operazione, va inserita all’interno di una strategia di link building più ampia e ben organizzata.
126. Link nocivi. I collegamenti ipertestuali provenienti da Bad Neighborhoods, cioè siti di scarsa qualità e segnalati come spam, sono pericolosi per la valutazione del tuo sito web da parte di Google.
127. Link da risorse considerate ottime. Anche questo elemento gioca a favore del posizionamento del tuo sito.
128. Link reciproci. Questa pratica tendenzialmente è da evitare, perché Big G avverte che c’è qualcosa di strano e potrebbe sfavorirti nel creare il ranking.
129. Vicinanza di termini detta anche co-occorrenza. Le parole semanticamente vicine a quelle presenti nell’anchor text e visibili nelle frasi collegate al link aiutano Google a comprendere il contesto in cui si collocano i tuoi contenuti.
130. Link provenienti da contenuti generati dagli utenti. Google, attraverso il suo preciso algoritmo, riesce a distinguere gli UGC da quelli dei veri proprietari del sito.
131. Link da 301. L’utilità del reindirizzamento per finalità SEO è ancora molto controversa. In casa Google, nel 2016 hanno sentito il bisogno di annunciare che tutti i redirect non determinano perdite riguardanti il PageRank. Tuttavia, come sappiamo, i meccanismi che governano il gigante del web cambiano continuamente. Attualmente, per sfruttare i redirect 301 per la SEO di un sito è consigliato usarli per eliminare contenuti di scarsa qualità, unendo pagine che possono approfondire un unico argomento.
132. Link da forum. Google non li valuta in maniera positiva perché in passato sono stati spesso usati a fini di spam.
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Interazione degli utenti (User Interaction)
Google tiene molto alla User Experience e a comprendere il comportamento degli utenti che visitano un determinato sito. In modo particolare, gli algoritmi di Big G hanno il compito di studiare cosa avviene quando i visitatori si trovano di fronte ai risultati ottenuti in seguito a una determinata ricerca online.
133. RankBrain. Anche in questo caso, tale algoritmo ha un ruolo chiave per quanto concerne la SEO. Infatti, consente di valutare la pertinenza delle pagine rispetto a ciò che gli utenti cercano.
134. CTR organico per keyword e dell’intero sito.
135. Bounce Rate. Le pagine con una bassa frequenza di rimbalzo piacciono a Google perché le ritiene in grado di offrire una reale risposta a ciò che gli utenti cercano online.
136. Pogo Sticking. È un comportamento da evitare assolutamente. Si verifica quando un utente atterra su un sito, ma abbandona immediatamente la pagina, tornando a visitare gli altri risultati della SERP. Per Google, questo significa che le persone non hanno trovato ciò che cercavano e quindi non c’è coerenza tra quanto promesso dal sito e i contenuti effettivamente offerti.
137. Dwell Time. Un alto tempo di permanenza viene considerato da Google sinonimo di qualità dei contenuti di un sito perché in grado di soddisfare le necessità degli utenti che vi accedono.
138. Traffico diretto. Google utilizza dati del browser (specialmente Chrome, ovviamente) per determinare il numero e la frequenza delle persone che visitano un sito e fare le sue valutazioni per il ranking.
139. Traffico di ritorno. Si riferisce alla capacità di incentivare gli utenti a tornare sulle sue pagine in altre sessioni, condotta che chiaramente è considerata positiva.
140. Preferiti su Chrome. L’algoritmo di Google annovera tra i fattori di ranking l’inserimento delle pagine nei segnalibri personali (i preferiti).
141. Numero di commenti. Per effettuare una valutazione dell’interazione degli utenti col sito e la qualità dei contenuti, il numero di commenti riveste una certa importanza.
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Regole speciali dell’algoritmo di Google (Special Google Algorithm Rules)
Nello sviluppo di una corretta strategia di Web Marketing, è necessario tenere in considerazione anche alcuni comportamenti specifici dell’algoritmo di Google. Si tratta di fattori che non riguardano la SEO tecnica, ma che sono peculiari del funzionamento degli spider di Big G.
142. Freschezza della query. Anche in questo contesto tieni bene a mente che i contenuti aggiornati vengono premiati dal gigante di Mountain View. Cerca quindi, laddove possibile, di fare degli update tenendo in considerazione l’evoluzione del comportamento degli utenti.
143. Featured snippet. La presenza dei contenuti che compaiono in evidenza su Google prima della classica SERP hanno un peso importante nella determinazione del punteggio di ranking.
144. Immagini. Alcune query mostrano un’anteprima delle foto di una determinata pagina.
145. SERP mista. Quando le query risultano ambigue, Google talvolta propone una SERP in cui sono presenti pagine capaci di rispondere ai significati differenti di uno stesso termine ricercato.
146. Safe Search. Si tratta di una modalità che fa sì che i siti che contengono volgarità o espressioni poco raccomandate, oppure contenuti per adulti, vengano nascosti dai risultati.
147. Reclami copyright. Google penalizza le pagine che hanno ricevuto reclami sul copyright di risorse o di contenuti.
148. Diversità dei domini. Per alcune SERP, Google privilegia la presenza di domini differenti in nome della rilevanza anziché mostrare solo risultati da domini unici.
149. Targeting geografico. Google attribuisce priorità ai siti che hanno un indirizzo IP locale e quindi una estensione del dominio specifica per l’area geografica di riferimento. Questo perché si presuppone che in tal modo, la piattaforma sia in grado di fornire le risposte a un determinato target geolocalizzato.
150. Ricerche locali. Per lo stesso principio spiegato al punto precedente, i risultati localizzati e le schede di Google My Business spesso godono della priorità in SERP.
151. Ricerche transazionali. Le SERP di Google si trasformano in base all’intent degli utenti, come sappiamo: in particolare, quelle transazionali ora mostrano anche indicazioni per acquistare i servizi, come nel caso dei voli aerei.
152. Box Notizie Principali. Le query relative a specifiche informazioni generano la creazione di un box con le notizie principali di Google News. In questo modo viene generata una sorta di “corsia preferenziale” per news recenti.
153. Box per shopping. Grazie a Google Shopping compare sulla SERP una sezione relativa a una serie di prodotti degli e-commerce acquistabili da online.
154. Potenza del brand. Il nome e la potenza del brand sono privilegiati nel ranking su Google, soprattutto per le query specifiche e di tipo navigational.
155. Ricerche navigazionali. Le query di un dominio o un brand specifico generano risultati multipli di quello stesso sito.
156. Easter Egg (“uovo di Pasqua”). Questo termine indica un contenuto nascosto, una sorpresa, spesso divertente, che compare tra i risultati di ricerca relativamente a specifiche query. Uno dei più noti è “Atari breakout”: se clicchi sulla ricerca per Immagini avrai la possibilità di giocare al famoso videogame.
157. Cronologia delle ricerche. Google studia il search intent degli utenti nel tempo per offrire loro contenuti il più possibile personalizzati in base allo storico di ciò che hanno cercato in precedenza.
158. Cronologia delle navigazioni. L’algoritmo di Google memorizza le preferenze dell’utente. Se visiti una certa pagina dallo stesso device oppure quando sei connesso a Google magari su più dispositivi, noterai che questo sito sarà posizionato bene tra le query perché secondo Big G è un contenuto che ti piace e che vuoi rivedere.
159. Algoritmo PayDay Loan. Il suo obiettivo è quello di effettuare una pulizia precisa delle query a rischio spam, come i payday loan, appunto, ovvero i piccoli prestiti.
160. Contenuti YMYL. I contenuti “Your Money, Your Life“, ossia i siti e le pagine che si occupano di temi legati alla finanza e alla salute, sono nel mirino dei controlli di Google perché sono considerati in grado di influenzare notevolmente le scelte degli utenti.
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Segnali del brand (Brand Signals)
Un’altra sezione di fattori da tenere in considerazione è quella che fa riferimento specifico ai brand, intesi sia come “entità” che come marchio specifico: dagli anchor text dei link alla presenza sui social, Google sembra guardare con un occhio di riguardo a questi segnali.
161. Ancor text branded. La creazione di testi di ancoraggio che contengono il brand rappresenta un segnale positivo nella determinazione del punteggio di ranking. Tuttavia, anche in questo contesto, deve essere fatto in maniera naturale, senza sovra-ottimizzare la campagna di link building.
162. Ricerche branded. Il fatto che gli utenti cerchino il brand specifico, ne aumenta la notorietà e l’autorevolezza e influisce positivamente sul posizionamento.
163. Ricerche di tipo brand + keyword. Quanto detto prima vale anche per le ricerche in cui sono presenti sia il nome dell’azienda che altre keyword.
164. Piattaforme social collegate al sito web. Il possesso di una pagina Facebook o di un account Twitter linkato dal sito che vanta buone performance migliora il posizionamento di un brand. Inoltre, se l’azienda possiede una pagina su LinkedIn diventa molto più visibile online.
165. Qualità degli account social. Google poi riconosce quando un account è reale o fake, soprattutto osservando la quantità e la qualità delle interazioni.
166. Menzioni Brand nelle Notizie Principali. Google presenta un box di Notizie principali quando le query riguardano brand molto grandi. Qui vengono mostrati gli ultimi aggiornamenti più importanti relativi all’azienda.
167. Menzioni Brand senza link. I siti di brand che ricevono menzioni senza backlink hanno comunque la possibilità di ottenere un buon punteggio a livello SEO.
168. Sede fisica dell’attività. Big G analizza le informazioni relative alla localizzazione delle aziende per definire il loro valore di ranking.
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Fattori di webspam on-site (On-Site Webspam Factors)
Sono numerose le penalizzazioni che possono riguardare un determinato sito quando vengono messi in pratica comportamenti che Google ritiene scorretti. Vediamo innanzitutto gli elementi on-site che possono innervosire gli spider e causare segnalazioni di spam che compromettono il ranking.
169. Penalizzazioni Panda. Si tratta di un algoritmo di Google nato nel 2011 per individuare e “punire” chi non porta valore sul web. Impegnati per produrre contenuti di valore, perché in caso contrario Panda non penalizzerà la singola pagina, ma l’intero sito!
170. Sovra-ottimizzazione del sito. Per Big G il troppo stroppia. Tentare di sovraottimizzare i tuoi contenuti può portarti a ottenere l’effetto contrario, perché il colosso del Web lo considererà un tentativo di “fregarlo” e ti penalizzerà. Evita quindi troppi grassetti, corsivi e soprattutto il keyword stuffing, tanto odiato da Google.
171. Spam nella Meta Description. Anche in questo caso non inserire le keyword se non strettamente necessario, altrimenti Google ti assegnerà un basso punteggio di ranking.
172. Siti di affiliazione senza valore aggiunto. I programmi di questo tipo sono particolarmente osservati dal motore di ricerca, che vuole assicurarsi che i contenuti proposti siano sensati e abbiano un valore aggiunto.
173. Link di affiliazione nascosti. No, non vale neanche provare a nascondere questi collegamenti, perché Google se ne accorge!
174. Uso eccessivo di nofollow in uscita.
175. Focus sui profitti e non sui lettori.
176. Indirizzo IP riconosciuto come spam. Quando ciò accade, tutti i siti di quel server potrebbero trarre svantaggio da questa azione.
177. Link verso Bad Neighborhoods. I collegamenti in uscita che portano a siti considerati spam o dannosi possono ridurre la visibilità di un sito sui motori di ricerca.
178. Pagine doorway. Le pagine o siti che portano a risultati diversi rispetto a quelli promessi nei risultati di ricerca non sono viste di buon occhio da Google. Come sappiamo, quando si crea una strategia SEO è fondamentale indicare nella search qualcosa che effettivamente verrà offerto.
179. Redirect subdoli (o cloaking). I reindirizzamenti subdoli, come lo stesso Google definisce, riguardano “la pratica di presentare agli utenti umani contenuti o URL diversi da quelli presentati ai motori di ricerca”. Questa operazione è considerata una violazione delle Istruzioni per i webmaster e quindi va evitata assolutamente.
180. Pubblicità e popup invadenti. Tutto ciò che potrebbe infastidire la navigazione dell’utente e portarlo ad abbandonare il sito determina un abbassamento del punteggio di ranking.
181. Pubblicità interstitial. Questa tipologia di comunicazione prende tutto lo schermo del device e rende impossibile avere una panoramica completa del sito. Anche in questo caso, i visitatori e di conseguenza Google, non gradiscono tale situazione.
182. Pubblicità above the fold. Si tratta di un altro aspetto da gestire con moderazione, perché gli utenti potrebbero stufarsi e lasciare subito il sito.
183. Contenuti autogenerati. Testi che si creano in automatico e che sono privi di significato portano Google ad apportare una de-indicizzazione del sito.
Fattori di spam e penalizzazioni off-site
Concludiamo questa lunga guida agli elementi di ranking a cui bisogna prestare nella costruzione di una SEO Strategy con i fattori off-site. Anche in questo caso, se Google osserva delle anomalie o delle forzature dell’algoritmo, penalizza il sito che ha compiuto azioni che non hanno seguito le regole indicate da Big G.
184. Sito hackerato. Quando un sito viene attaccato, rischia di subire una deindicizzazione vedendosi segnalare tutti i contenuti come spam.
185. Presenza sospetta di link e backlink poco naturali. Quando Google intercetta un pattern strano di link all’interno di un sito, assegna un basso punteggio di ranking perché sospetta che i collegamenti ipertestuali siano spam.
186. Penalizzazioni Penguin. Sebbene questo algoritmo di Google sembri colpire le singole pagine e non l’intero sito, è chiaro che queste segnalazioni determinino una situazione sfavorevole per la SEO.
187. Profilo backlink di scarsa qualità. Le pratiche black hat manipolative, che rappresentano “il lato oscuro” della SEO, vengono punite da Big G, che è contrario ai comportamenti volti a forzare la mano al ranking di un sito.
188. Anchor text considerati pericolosi. Quando si utilizzano come testi di ancoraggio parole che presentano un forte rischio di hackeraggio o segnalazione per spam, come accade per esempio con termini del settore farmaceutico, il sito potrebbe non comparire tra i primi risultati di ricerca.
189. Backlink da siti off topic. Ricordati sempre di essere coerente quando crei una struttura di collegamenti ipertestuali: ognuno di essi deve portare realmente a ciò che l’utente si aspetta di trovare.
190. Link da directory di bassa qualità. Cura la tua strategia in ogni minimo dettaglio, ed evita tutte quelle fonti che non portano valore al tuo sito.
191. Link in article directory e comunicati stampa. Si tratta di un’altra categoria su cui interviene in maniera negativa Big G, soprattutto quando riesce a constatare che è stato messo in atto un meccanismo di sovraottimizzazione.
192. Messaggi di avviso su link non naturali. Anche in questo caso, se Google trova delle anomalie, penalizza il ranking del sito.
193. Link nei widget. Da evitare soprattutto se contengono tante parole chiave, sono di bassa qualità o addirittura nascosti.
194. Backlink con stesso IP Class C. La ricezione di backlink in maniera completamente poco naturale da siti che condividono lo stesso server IP potrebbe insospettire il gigante di Mountain View.
195. Azioni manuali. Ne abbiamo parlato ampiamente nell’articolo relativo ai problemi di indicizzazione di un sito. Queste operazioni fanno sì che non solo la singola pagina che è stata individuata, ma l’intero sito venga penalizzato addirittura sparendo dai risultati di ricerca.
196. Effetto sandbox. Si tratta del nome dato a un ipotetico comportamento dei risultati di ricerca che si traduce in una penalità per i domini con un nuovo nome sulle parole chiavi più concorrenziali.
197. Vendita di link. Altra pratica di cui dimenticarsi se non si vuole rischiare di subire l’azzeramento del PageRank.
198. Google Dance. Quando si verificano brusche e brevi variazioni del posizionamento dei siti web nei motori di ricerca, Big G li penalizza perché riscontra un comportamento anomalo.
199. Disavow Link. Per eliminare i link di scarsa qualità su cui non hai il controllo diretto segnati il prezioso strumento di Google Search Console “Disavow Link Tool”. Ti aiuterà a rimuovere manualmente i collegamenti provenienti da fonti poco affidabili.
200. Richiesta di revisione. Se il ranking del tuo sito non ti soddisfa, puoi inviare una richiesta di revisione a Google. Se viene accettata, hai buone probabilità che il tuo sito possa recuperare la visibilità precedentemente persa.
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